Hikikomori: sintomi, cause e cura

Ti sarà capitato almeno una volta di aver sentito parlare di Hikikomori. Magari hai dato un’occhiata veloce sui principali motori di ricerca per capire esattamente cosa fosse ma non hai ottenuto i risultati sperati… Eccomi qui pronta a risolvere ogni tuo dubbio!

In questo articolo ti spiegherò in cosa consiste il fenomeno degli Hikikomori: quali sono i sintomi, le cause e come è possibile aiutare questi ragazzi.

Anzitutto, credo sia importante spiegarti chi sono gli Hikikomori. Questo termine deriva dalle parole giapponesi Hiku (tirare dentro) e Komoru (ritirarsi) che esprimono proprio l’aspetto fondamentale di questo fenomeno, cioè l’isolamento e il ritiro sociale.

Si tratta di un disturbo che colpisce prevalentemente individui di sesso maschile di età compresa tra i 14 e i 30 anni, con un picco particolare nell’età adolescenziale.

Se inizialmente questa condizione sembrava confinata e destinata a restare all’interno dei confini nipponici, studi più recenti hanno dimostrato che gli Hikikomori in territorio europeo e statunitense sono in continuo aumento. Ma come possiamo riconoscere un Hikikomori? Seguimi, ti spiego qui sotto.

Quali sono i sintomi?

Dovresti sapere che, nonostante le varie ricerche svolte sull’Hikikomori, non esiste ancora una definizione comune utilizzata a livello internazionale per definire questo fenomeno.

Attualmente non è nemmeno un disturbo presente all’interno delle categorizzazioni psichiatriche del DSM-5 (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali), ne va di conseguenza che, purtroppo, non è possibile diagnosticare effettivamente questo disturbo.

Tuttavia, alcuni studiosi hanno indicato delle caratteristiche specifiche di questo disturbo:

  • Stile di vita solitario e circoscritto all’ambiente domestico, senza alcuna possibilità di avere contatti con il mondo esterno
  • Assenza di curiosità o interesse nei confronti di attività sociali esterne
  • Ritiro sociale presente da almeno 6 mesi
  • Nessuna intenzione di mantenere rapporti con altre persone del mondo esterno

Marco Crepaldi, psicologo, ha sviluppato una teoria secondo cui all’interno del fenomeno di Hikikomori esisterebbero tre fasi:

  1. Consisterebbe in una pulsione all’isolamento che non viene elaborata consciamente dal soggetto, in quale continua a vivere in uno stato di malessere costante, alleviato solamente dalla solitudine.
  2. L’individuo inizia a elaborare il proprio desiderio di isolamento cominciando a rifiutare le uscite con gli amici e i contatti sociali lavorativi e scolastici. Gli unici contatti esterni contemplati sono virtuali, spesso avvengono su chat o forum. Il rapporto con la propria famiglia resta quasi inalterato ma certamente più conflittuale.
  3. L’Hikikomori cede completamente alla pulsione di isolamento, allontana progressivamente anche la famiglia e tende ad interrompere ogni relazione sviluppata online. L’isolamento, a questo punto, è totale.

L’Hikikomori non è, quindi, un disturbo del tipo “tutto o nulla”, i comportamenti possono variare sia in termini di frequenza che in termini di intensità.

Spesso il ritiro sociale ha inizio con un leggero allontanamento da contesti scolastici, lavorativi e ludici frequentati principalmente da coetanei.

Progressivamente ci si avvicina sempre di più ad un distanziamento generale dalla società terminando l’evoluzione del disturbo con l’auto-reclusione all’interno della propria abitazione.

L’auto-reclusione, ovviamente, non è una condizione univoca ma può presentarsi in più forme. Si può passare da una reclusione parziale, in cui gli individui lasciano la propria abitazione solo nelle ore notturne, ad una reclusione totale, nella quale gli individui non contemplano nemmeno l’idea di allontanarsi dalla propria stanza.

Ma cosa fanno i ragazzi chiusi nella loro stanza tutto questo tempo?” Solitamente i ragazzi affetti da questo disturbo passano le loro giornate a leggere, giocare con i videogiochi, guardare film o serie TV e dormire.

A volte, chi non è intenzionato ad avere contatti con la società direttamente, tende a creare una “realtà parallela” attraverso il mondo dell’Internet, instaurando rapporti virtuali, talvolta molto stretti, sfruttando la grande possibilità di nascondere la propria identità dietro l’anonimato.

Quali sono le cause?

Forse non lo sai ma, malgrado il fenomeno dell’Hikikomori sia sotto ai riflettori della ricerca da un po’ di tempo, sembrerebbe non esserci ancora sufficiente materiale per descrivere quali siano le esatte cause che portano questi ragazzi ad un progressivo allontanamento dalla società.

Al momento, la maggior parte degli studi ha trovato come “base comune” a tutti gli Hikikomori la pressione di realizzazione sociale, il timore di essere giudicati e il rapporto genitori-figli particolarmente conflittuale.

Chiaramente siamo ancora lontani dal definire queste le vere cause del disturbo, o meglio, con molta probabilità queste sono alcune delle cause scatenanti in concomitanza con altre situazioni ancora purtroppo sconosciute.

Per aiutarti a comprendere meglio questo fenomeno, però, possono aiutarci le quattro tipologie di Hikikomori proposte da Maia Fansten, sociologa. Le tipologie di ritiro da lei suggerite sono le seguenti:

  • Alternativo: l’individuo cerca di isolarsi perché non intende soddisfare alcune dinamiche, richieste o imposizioni della società moderna. Si tratta quasi di una ribellione al sistema sociale che impone un cambiamento e un’omologazione alla massa a cui l’individuo non vuole prendere parte.
  • Relazionale: l’isolamento è da interpretarsi come una reazione a situazioni di grande difficoltà, sia familiari che scolastiche. Spesso gli individui ricollegano il loro desiderio di isolamento ad un evento particolarmente traumatico che ha contribuito a sviluppare forte ansia e stress. Queste sensazioni vengono generalizzate ad ogni contesto sociale, impedendo a questi ragazzi anche solo di desiderare delle relazioni sociali sane e soddisfacenti.
  • Dimissionario: nasce negli individui che non riescono a tollerare che gli altri ripongano in loro delle aspettative; cercano di fuggire dalle forti pressioni sociali, come la competizione con i pari. Il loro tentativo di isolamento è utile solo a nascondersi dallo sguardo altrui.
  • A crisalide: l’individuo non si sente pronto a diventare un individuo adulto e autonomo. Sente di non essere in grado di affrontare la vita dei “grandi” e questa convinzione provoca in lui un’enorme paura. L’isolamento, in questo caso, ha la funzione di àncora al presente, aiutando il ragazzo ad evitare completamente ogni pensiero legato al futuro.

É bene comunque sapere che questa classificazione non è fissa, ciò significa che è molto probabile che alla base della necessità di isolamento dell’individuo coesistano, anche se in misura differente, tutte le tipologie di isolamento elencate qui sopra.

Come curare gli Hikikomori

Forse non lo sai ma la cura per gli Hikikomori, purtroppo, non è ancora stata definita. Sono state sperimentate diverse strategie terapeutiche che comprendono un lavoro molto ampio e complesso sull’individuo stesso, sul contesto familiare e sulle relazioni sociali in generale.

Tutti gli interventi hanno un obiettivo comune, cioè permettere all’individuo di interrompere la sua condizione di Hikikomori, spingendolo ad uscire dal proprio isolamento “sicuro” e ad avere nuovamente un ruolo attivo all’interno di una struttura sociale, come la scuola o l’ambiente di lavoro. Per raggiungere questo enorme traguardo, al momento, sono disponibili due tipologie principali di intervento: psicologico e di risocializzazione.

Intervento psicologico

Questo intervento è certamente un’ottima partenza per l’Hikikomori. É importante fin da subito avere ben chiaro che sarà necessario rivolgere le consulenze psicologiche in primis all’individuo affetto da questo disturbo ma l’inclusione di un intervento sul piano familiare non è da sottovalutare.

Per quanto riguarda l’intervento individuale, nella prima fase sarà un intervento di tipo motivazionale finalizzato a fornire aiuto all’individuo nel trovare una propria posizione nel mondo, formulando dei micro-obiettivi che lo aiuteranno ad avere pian piano dei piccoli rinforzi (sotto forma di soddisfazioni) dalla realtà esterna.

Le soddisfazioni ottenute aiuteranno ad aumentare leggermente la motivazione e l’umore dell’Hikikomori, a questo punto si può valutare l’inserimento del paziente all’interno di un piccolo gruppo di pari. In questo ambiente sarà possibile, attraverso la stimolazione di nuove interazioni reciproche, riprendere una lenta risocializzazione.

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Intervento mirato alla risocializzazione

Questo intervento è molto particolare, ha l’obiettivo di sviluppare nuovamente delle abilità sociali e di gestione emotiva che probabilmente l’individuo ha cristallizzato dentro sé.

Il contatto iniziale avviene attraverso una figura particolare, denominata “sorella in prestito“. Si tratta di giovani ragazze che vengono adeguamento formate per stabilire un contatto con l’Hikikomori.

Inizialmente si stabilisce un rapporto attraverso SMS e telefonate e, successivamente, si passa alla comunicazione da una parte all’altra della porta della cameretta del ragazzo.

Lo scopo principale è quello di costruire un buon rapporto di fiducia che possa spingere con il tempo l’Hikikomori a lasciare la propria stanza. Non aspettarti che sia un intervento super rapido, a volte possono volerci anni!

L’obiettivo finale di questo intervento è convincere l’Hikikomori a lasciare il proprio “posto sicuro” in favore di nuovi ambienti condivisi con altre persone che presentano la sua stessa situazione, in questo modo l’individuo non si sente solo ma può imparare nuove tecniche da altri Hikikomori che piano piano si stanno allontanando dalla loro condizione con successo.

Intervento farmacologico

Esiste poi un ulteriore intervento, che viene utilizzato meno di frequente, ovvero il trattamento farmacologico. Solitamente questa tipologia di intervento viene effettuata nel caso in cui sia stata riscontrata una sintomatologia che appartiene a disturbi più ampi e complessi, come di disturbi dell’umore o la schizofrenia.

Se sei arrivata fino qui non posso fare altro che ringraziarti per aver letto tutto l’articolo. Spero di essere stata utile e di aver risposto alle principali domande su questo argomento sempre ricco di dubbi e mille sfumature. Se pensi che qualche passaggio sia poco chiaro o hai qualche domanda, non esitare a contattarmi, sarò felice di aiutarti a cercare le risposte che cerchi.