Come gestire il passaggio generazionale

come gestire passaggio generazionale

Il passaggio generazionale è una fase molto delicata dell’esistenza di un’impresa; fase che va pianificata e programmata nel tempo.

In questo articolo, partendo da due casi di vita vissuta, ho raccolto spunti su come gestire il passaggio generazionale dell’impresa quale occasione serena che ne garantisca la continuità e l’adeguamento a mercati oggi in continua, frenetica evoluzione.

Le storie di Mario, baby-boomer fondatore della sua azienda e di Giovanna, millennial che ha ricevuto il testimone da un padre lungimirante, sono vere. I nomi che ho scelto sono invece di fantasia. I finali delle loro storie sono davvero diversi.

Mario, impreparato e spaventato dagli eventi, si è chiuso a riccio e si è affidato al fato. E oggi, la sua azienda ha cambiato faccia e proprietà.

Giovanna ha tirato fuori a piene mani il proprio coraggio, mettendosi totalmente in gioco. E oggi, guida con passione, entusiasmo e orgoglio l’azienda di famiglia.

Due storie di passaggio generazionale

Mario e i suoi fratelli erano soci di una manifatturiera. E questa è la storia del passaggio generazionale della sua impresa.

Mario l’aveva fondata, quell’azienda. Era sua l’idea imprenditoriale, suo il capitale di rischio. I suoi fratelli, molto più giovani di lui, inizialmente accolti come collaboratori, acquisirono nel giro di pochi anni una parte delle quote.

Per trent’anni ognuno di loro si era occupato di uno specifico ambito aziendale e l’impresa era cresciuta acquisendo un ottimo posizionamento nel proprio settore di riferimento.

Nel tempo però le visioni dei fratelli erano cambiate e la forte coesione iniziale aveva lasciato spazio a tensioni e incomprensioni, alimentate da non detti e da aspettative disattese.

Quando Mario si ammalò, pur sapendo che la sua condizione sarebbe presto degenerata, si preoccupò di gestire la cessione delle sue quote ai due figli. Non ebbe però il coraggio di  affrontare il tema di come gestire il passaggio generazionale del suo ruolo di CEO, che affidò agli eventi.

Ne nacque un problema di riconoscimento della nuova leadership da parte dei collaboratori dell’impresa, che avevano colto le tensioni al vertice degli ultimi anni e che fecero dunque faticare non poco chi gli successe nel ruolo.

Anche la storia di Giovanna parte da una grande sofferenza: una grave malattia diagnosticata al padre imprenditore quando lei, ancora studentessa, stava frequentando l’università e sognava di aprire, un giorno, una palestra.

Giovanna nutriva in sé un grande senso del dovere e si sentiva responsabile del futuro dei fratelli più piccoli e di quello delle venti persone che lavoravano nell’azienda di famiglia.

Cambiato il percorso di studi, iniziò a fare la gavetta in azienda come studentessa-lavoratrice, affiancando il padre e cercando di assorbire il più possibile il suo sapere fare impresa.

Ecco che, con lungimiranza e pazienza, padre e figlia, affiancati da un coach e da altri professionisti, iniziarono il percorso di gestione del passaggio generazionale nella loro azienda.

Dopo alcuni anni, Giovanna aveva sperimentato ogni ambito, lavorando come operativa in diversi comparti dell’azienda: dalla produzione all’amministrazione, dalle vendite al marketing e fino alle relazioni esterne.

E quando padre e figlia sentirono che era giunto il momento, convocarono il personale e insieme comunicarono ufficialmente il passaggio del testimone.

Non è stato facile, per Giovanna, farsi accettare. Il padre era un uomo carismatico, un leader dotato di modi e approccio diversi dal suo. Il suo ricordo, oramai vestito di un certo romanticismo, induce ancora oggi le persone a fare il confronto e a dichiararle: “Ah, quando c’era tuo padre…”

Giovanna ha un grande coraggio: non vuole farsi il sangue amaro e vuole gestire l’azienda con il proprio stile e la propria leadership. Il padre le ha insegnato tanto e le ha trasmesso i valori sui quali ha fondato il suo fare impresa. In pochi anni il mondo è cambiato moltissimo e – lei ne è convinta – le scelte che lui farebbe ora sarebbero probabilmente le stesse che sta facendo lei.

Queste due storie, pur accomunate da eventi dolorosi (la malattia dei fondatori), rappresentano due modi completamente differenti di gestire il passaggio generazionale.

Da una parte ci si abbandona agli eventi, si interpreta il passo indietro come fallimento personale e si  sceglie di mantenere il controllo fino all’ultimo, per paura di perdere il proprio status sociale, lasciando indietro il bene dell’azienda.

Dall’altra, compreso che si tratta di un momento cruciale e delicato anche per l’azienda, oltre che per la famiglia, l’imprenditore pianifica con metodo le azioni che man mano gli permetteranno di allontanarsi serenamente e lasciare spazio di espressione e realizzazione a chi lo succederà.

Passaggio generazionale proprietario

Il passaggio generazionale proprietario ha come obiettivo, oltre che il trasferimento, anche la protezione e la salvaguardia del  patrimonio dell’imprenditore, ivi inclusa l’impresa.

Gestire il passaggio generazionale proprietario di un’impresa richiede di trasferire non solo un insieme di beni, ma anche una identità culturale forte, legata al marchio, costituita da una visione precisa e da valori consolidati.

Spesso la prima generazione dà per scontato che la proprietà dell’impresa rimarrà in mano alla famiglia. Non sempre però accade e non è detto che sia una tragedia. Anzi, a volte è la sua salvezza.

Ci sono alcuni elementi che caratterizzano il nostro sistema delle imprese italiane:

  1. il 93% delle imprese italiane è controllato da una famiglia. E quando si tratta di PMI, la famiglia è direttamente coinvolta nella gestione.
  2. Il 90% della forza lavoro è impiegato nelle imprese familiari.
  3. Dati statistici alla mano, risulta che solo il 16% delle imprese familiari giunge in salute alla terza generazione.
  4. Il 43% dei leader d’impresa ha oltre sessant’anni ed entro pochissimi anni la generazione dei millenial erediterà l’impresa dai propri predecessori.
  5. In contesti VUCA, cioè vulnerabili, incerti, complessi ed ambigui come quello nel quale le nostre imprese si trovano ad operare, le imprese di famiglia si dimostrano più flessibili e resilienti. Lo dimostrano con la propria capacità di evolvere, di cambiare il proprio modello di business, adattandosi velocemente ed impegnandosi con pazienza e costanza a recuperare la redditività e a diventare solide.

Questi dati, incrociati tra loro, ci conducono ad alcune interessanti considerazioni:

  • Fondamentale salvaguardare la nostra economia, che appoggia prevalentemente sulle PMI di famiglia, resilienti per natura.
  • I millennial sono la prima generazione digitale, ancora più aperta ed adattabile al mondo VUCA.
  • Le generazioni attualmente al comando devono lavorare alacremente per pianificare passaggi generazionali che preservino sia il patrimonio che la capacità di generare ricchezza e benessere sociale, alzando in modo sensibile la percentuale di successo della continuità delle imprese.

Inoltre, un imprenditore preparato a gestire il passaggio generazionale proprietario:

  1. ha la capacità di mettere vicino agli scenari di possibili successi e di creazione di ulteriore valore anche quelli di eventi negativi che potrebbero colpire lui stesso, la sua famiglia, la sua impresa.
  2. Pianifica le strategie per tutelare l’impresa dall’infelice gestione da parte di eredi poco o per niente vocati al business e contemporaneamente per tutelare gli eredi che scelgono di realizzarsi fuori dall’impresa.
  3. Si fa affiancare da consulenti e professionisti di fiducia, ben preparati a consigliarlo nella gestione del passaggio generazionale proprietario e in grado di ascoltare e comprendere i suoi desideri e le sue paure.

Consulenti patrimoniali e finanziari, dottori commercialisti, professionisti specializzati in materia, ma anche mentori e coach aiuteranno l’imprenditore e la sua famiglia a scegliere gli strumenti più adatti al loro caso specifico.

Qualche esempio? Donazioni, affitto di azienda, patti di famiglia, fondazioni di famiglia, trust, contratti di affidamento fiduciario e, non dimentichiamolo, tutte le opportunità offerte dal diritto societario.

Il passaggio generazionale proprietario è un percorso impegnativo: dal punto di vista negoziale ed economico ma anche personale, famigliare e sociale. economico.

Eppure, se gestito con competenza ed empatia, permette di:

  1. fare chiarezza e regolamentare i rapporti presenti e futuri tra soci e familiari;
  2. fare emergere le aspettative delle diverse generazioni;
  3. preparare il terreno per il passaggio generazionale organizzativo.

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Regolamentare il passaggio generazionale proprietario

A partire dalle norme statutarie, sono diversi gli strumenti che permettono di regolamentare il passaggio generazionale proprietario dell’impresa.

Non sono specialista in materia e non è pertanto mia intenzione addentrarmi in ambiti a me solo parzialmente conosciuti.

Mi permetto però di specificare alcuni strumenti grazie al supporto dell’amico Silvano Maggio, dottore commercialista esperto in materia.

Nella sua recentissima pubblicazione “La successione Innovativa: un business, un atto d’amore”  tratta il tema del passaggio della ricchezza dell’imprenditore con grande sensibilità e competenza, e sottolinea l’efficacia di alcuni strumenti in particolare:

  1. Il Trust:  mutuato dal sistema anglosassone, è un negozio unilaterale ormai sdoganato anche nel nostro Paese e davvero molto usato per gestire il passaggio generazionale proprietario. Per mezzo del trust, la titolarità del bene viene trasferita al trustee, che è obbligato ad amministrarli e gestirli nei limiti imposti dal programma predisposto dal disponente e nell’interesse esclusivo dei beneficiari.
  2. Il Contratto di Affidamento Fiduciario o CAF: con questo contratto due soggetti, affidante e affidatario, individuano i beni da impiegare a vantaggio di una o più persone, definendo uno specifico programma che l’affidatario dovrà attuare.
  3. Altro strumento giuridico nato con l’obiettivo di gestire al meglio il passaggio generazionale proprietario sono i Patti di Famiglia. Introdotti dalla Legge 55/2006 con l’intento di salvaguardare la natura e la funzione dell’impresa, agevolandone il passaggio tra generazioni e tutelando tutti i coinvolti, non sono in realtà mai decollati e hanno ceduto il passo a trust e CAF.

In effetti, proprio grazie al programma, dettagliato e proiettato nel tempo, trust e CAF contemplano in modo ampio ed esaustivo tanto gli obiettivi quanto gli scenari che nel tempo si possono presentare.

Proprio questa la ragione per cui trust e CAF garantiscono la buona riuscita di una operazione tanto delicata quanto complessa e protratta nel tempo quale è il passaggio generazionale proprietario.

Il passaggio generazionale organizzativo

Quando si eredita un’azienda non si eredita automaticamente anche la capacità di gestirla. La generazione in carica ha la responsabilità del trasferimento della leva del comando alle nuove generazioni.

Un altro aspetto del passaggio generazionale organizzativo riguarda la pianificazione dell’uscita e la sostituzione dei dipendenti che andranno presto in pensione.

In entrambi i casi, il passaggio di consegne tra generazioni è un processo che, prima di essere attuato, necessita di essere progettato e pianificato nei tempi e nei modi.

Prima regola: che si tratti di passaggio generazionale imprenditoriale o tra dipendenti, è importante che tanto il senior  (colui che cede il passo) quanto il junior (colui che prenderà il ruolo) siano coinvolti fin dalla sua progettazione.

Seconda regola: sarà compito del junior portare avanti il progetto, con la supervisione continua del senior, che avrà il ruolo di mentore e tutor.

Proprio per il grande coinvolgimento degli attori, nel passaggio generazionale entrano in campo in modo paritetico aspettative, valori, desideri, progetti personali, atteggiamenti e comportamenti di tutti i coinvolti.

Per un passaggio generazionale organizzativo efficace, giocheranno dunque un ruolo fondamentale le seguenti variabili:

  1. apertura alle possibilità, visione e orientamento al futuro del senior;
  2. disponibilità alla delega e al trasferimento delle conoscenze da parte del senior;
  3. competenze specifiche (legate al ruolo) e orientamento all’innovazione per il junior;
  4. curiosità, disponibilità all’ascolto e all’attesa per il junior.

Si tratta di variabili che, incrociate tra di loro, ci forniscono interessanti chiavi di lettura:

  • Quando il senior ha una alta disponibilità alla delega e al trasferimento delle competenze ma un basso orientamento al futuro lascia andare, si disinteressa, abdica.
  • Quando il senior ha una bassa disponibilità alla collaborazione e un basso orientamento al futuro, manca totalmente di azioni concrete per fare accadere le cose. Egli elude il passaggio generazionale e si affida al fato. Vi ricordate la storia di Mario?
  • Quando il senior ha un elevato orientamento al futuro ma una bassa disponibilità alla delega, allontana nel tempo il momento del passaggio e si prospetta dunque una lunga convivenza tra senior e junior. Questo può generare frustrazione e calo dell’autostima nel junior.
  • Infine, quando il senior ha un elevato orientamento al futuro e un’alta disponibilità alla delega e al trasferimento delle competenze, si percepisce come traghettatore, desidera il futuro dell’azienda. Quindi, pianifica e coinvolge con entusiasmo.

E ancora:

  • Quando il junior è portatore di competenze innovative ma freme affinché il passaggio generazionale avvenga, non è disponibile all’attesa e ne nascono tensioni e rotture inter-generazionali, difficili da sanare.
  • Quando il junior dotato di competenze basse o ancora poco sviluppate associa una bassa disponibilità all’attesa e alla convivenza con la generazione precedente, diventa pretenzioso. Ne nascono dei conflitti ed il passaggio non sarà solo traumatico, ma anche fallimentare.
  • Quando il junior a competenze basse o ancora poco sviluppate associa un’alta disponibilità all’attesa, ha paura e si affida agli eventi. Non assume un ruolo attivo e lascia che le cose accadano.
  • Infine, quando il junior è portatore di competenze innovative, è consapevole del proprio valore e del ruolo che andrà a ricoprire, si mette totalmente in gioco. Disponibile all’attesa, collabora per la costruzione di un efficace passaggio di consegne ed è pronto ad assumersi le responsabilità che ne derivano.

Incrociando tra loro i diversi approcci di senior e junior, ne conseguono situazioni di convivenza e co gestione con impatti ed efficacia differenti, dove spiccano i due estremi:

Passaggio generazionale costruttivo, grazie all’incontro tra:

  • un senior pronto a pianificare e coinvolgere, che dona il proprio sapere e la propria esperienza e che si mette a servizio, consapevole che il futuro è nelle mani della nuova generazione;
  • un junior preparato tecnicamente, dotato di visione, aperto al confronto e collaborativo, disponibile ad attendere quel che basta per costruire – insieme al senior – il passaggio di consegne.

Passaggio generazionale distruttivo, causato da:

  • un senior per niente disposto a delegare, aggrappato al passato e alla propria posizione, che difenderà con i denti fino all’ultimo.
  • un junior poco preparato, per nulla consapevole dei propri limiti e della propria poca esperienza ma che pretende di prendere il posto del senior, più attaccato ad un’idea di posizione e di prestigio che all’idea di responsabilità sociale del proprio ruolo e di quello dell’azienda.

Come è accaduto nella storia di Giovanna, agendo un passaggio generazionale coinvolgente junior e senior costruiranno insieme un progetto futuro, aperto a nuove possibilità e arricchito dall’esperienza. Le relazioni rimarranno positive e i collaboratori accoglieranno in modo aperto i junior nel loro nuovo ruolo.

Le soft skills che favoriscono il passaggio generazionale

Senior e junior si portano appresso un bagaglio di competenze.

Le competenze tecniche sono indispensabili per svolgere al meglio il proprio incarico: difficile immaginare un amministratore delegato che non sappia interpretare un bilancio e altrettanto difficile dare la responsabilità amministrativa a qualcuno che non conosce la partita doppia o i principi contabili.

Ma le soft-skills, spesso sottovalutate in quanto intangibili, sono altrettanto importanti. Si tratta di competenze relazionali che favoriscono una buona interazione e comunicazione con gli altri e che si rivelano propedeutiche ad una positiva gestione del passaggio generazionale.

Attraverso un percorso di consapevolezza, facilitato da una guida esterna (coach, mentore, allenatore etc.) junior e senior hanno la possibilità di riconoscere i propri talenti relazionali e di costruire il proprio bagaglio di soft-skills.

Il senior, che avrà sviluppato una conoscenza approfondita delle persone e delle loro individualità, aiuterà il junior a cogliere i punti di forza e debolezza, le aspirazioni e la storia personale dei collaboratori, grazie alle proprie soft-skills.

  • Capacità di delega: attribuisce al junior il potere di cercare in autonomia la soluzione ai problemi, aiutandolo ad assumersi la responsabilità e fornendogli gli strumenti necessari per crescere attraverso lo sviluppo dei suoi obiettivi.
  • Concentrazione nella crescita personale e professionale propria e del junior: un senior pronto ad imparare è di grande esempio per tutti i membri dell’organizzazione, li aiuta ad aprirsi al nuovo, alle possibilità.
  • Ascolto: atteggiamento mentale di concentrazione verso l’altro per coglierne i valori, i desideri, le emozioni che lo muovono e lo contraddistinguono.
  • Fiducia: credere nel junior, convinto che riuscirà ad ottenere importanti risultati, supportarlo nel percorso senza mai sostituirsi a lui.
  • Esempio: per fare da guida agli altri, il senior si impegna in prima persona a guidare sé stesso, prendendosi la responsabilità del proprio agire quotidiano.
  • Trasparenza: significa condividere, coinvolgere, comunicare in modo aperto e trasparente non solo ciò che accade, ma anche i progetti futuri.
  • Pragmatismo: la capacità di prendere decisioni funzionali all’obiettivo, governando le emozioni e non lasciandosi sopraffare da dinamiche relazionali o familiari.

Anche il junior ha la sua parte di responsabilità e gli serviranno:

  • umiltà: prepararsi ad assumere un ruolo nuovo con la consapevolezza che le competenze di cui è portatore sono utili e funzionali ad un passaggio generazionale di successo, tanto quanto la storicità e l’esperienza di cui è portatore il senior.
  • Ascolto: anche per il junior, a qualunque livello, un’arte da imparare e mettere a servizio.
  • Pazienza: che favorisce la riflessione e by-passa gli impulsi. La pazienza induce a confronti costruttivi ed educa all’attesa.
  • Rispetto: saper entrare in una organizzazione in punta di piedi, avendo cura di evitare conclusioni affrettate. Le aziende sono organismi complessi, diventati tali negli anni e in conseguenza di scelte e decisioni prese in momenti storici, sociali, economici diversi da quelli attuali.
  • Curiosità: che fa il pari con il rispetto. Osservando ciò che accade in azienda con gli occhi dell’incanto e senza giudizio, il junior riceverà degli insight utili alla costruzione del futuro, al rafforzamento della visione.

Interessante notare come le soft-skills di senior e junior siano tra loro in equilibrio. È dall’incontro armonioso tra le due personalità – ciascuna con le proprie peculiarità e competenze – e la volontà di raggiungere insieme il traguardo, che prenderà presto forma il progetto di passaggio generazionale di successo.

Il sole brilla sempre sopra le nuvole: andiamolo a cercare. (Berto e Jack, protagonisti de Il grillo ascoltante)

Come attivare il passaggio generazionale

Ottime indicazioni su come attivare un processo di passaggio generazionale, si possono trovare nel libro “Il grillo ascoltante” di Giacomo De Candia (ed. Amazon).

l’autore, raccontando la storia fantastica di un’azienda formicaio e di Berto, l’imprenditore-formica desideroso di progettare il proprio passaggio generazionale, indica in modo puntuale le fasi per la realizzazione di quello che lui definisce un progetto di continuità dell’impresa.

Ecco, in sintesi, le varie fasi:

Fase della mappatura as is, cioè della situazione attuale: i valori della famiglia e dell’impresa, il modello di business, la cultura organizzativa, le competenze, i talenti e le caratteristiche dei membri dell’organizzazione, e ancora le caratteristiche del senior.

Fase della progettazione to be, di un modello di business e di leadership che garantiscano continuità e responsabilità sociale. In questa fase, il coinvolgimento attivo della famiglia proprietaria – anche quando non operativa – la rende sponsor del progetto, diminuendo il rischio di conflitti di vertice, davvero deleteri per il successo del progetto di continuità dell’impresa.

Fase del piano di azione. Vengono messe in atto le decisioni prese nella seconda fase, è il momento in cui tutti sono in gioco.

Fase dell’analisi periodica. Si tratta di una fase trasversale a tutte le altre, che va messa in atto ogni qualvolta si intenda verificare lo stato di avanzamento del progetto di passaggio generazionale e la coerenza con gli obiettivi strategici.

Fase della ufficializzazione del passaggio di consegne. Quando il junior è pronto, quando avrà acquisito un ventaglio di competenze tecniche, trasversali e relazionali tali da poter presidiare autonomamente il ruolo che gli è stato affidato, il senior passerà il testimone.

Ultima fase, quella della nuova vita del senior, che potrà scegliere un ruolo istituzionale, di rappresentanza dell’impresa o, perchè no, trasferirsi in un luogo ameno e dedicarsi ai propri hobby.

Le storie di Mario e Giovanna ci insegnano che, per gestire con successo il proprio passaggio generazionale bisogna innanzitutto farsi trovare preparati; presuppone un contesto famigliare pervaso da sicurezza psicologica, pronto ad accogliere scelte coraggiose, a volte dirompenti.

Sono necessari dialogo, impegno, pianificazione e valutazioni tanto personali quanto collettive.

I senior devono a poco a poco trovare la forza di “sganciarsi” dalla propria creatura e lasciare spazio alle nuove generazioni, che a propria volta devono poter abbracciare la titolarità dell’impresa liberamente, senza sentirsi vincolate.

Facendo respirare ai propri figli fin da piccoli i valori e i principi che guidano l’imprenditore nella gestione della propria azienda, questi assorbiranno in modo fisiologico, quasi spontaneo, quel senso di responsabilità, di impegno e sacrificio che – permettetemi di dichiararlo – sono elementi essenziali del fare impresa.

E per citare me stessa: il passaggio generazionale virtuoso dell’impresa lo si progetta quotidianamente, in famiglia, dialogando apertamente intorno al tavolo di cucina.

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