Identità di genere: cos’è? È la percezione che ciascuno di noi ha di sé e del proprio essere maschio o femmina.
È diversa dall’identità sessuale: il sesso è l’insieme delle caratteristiche biologiche di una persona. Il genere, invece, è l’insieme di fatti sociali, culturali e psicologici legati al sesso.
In fisiologia e biologia esistono, nei due sessi – il maschile e il femminile – predisposizioni differenti; ma è solo attraverso l’insistente rinforzo culturale che queste differenze acquistano quel peso, quel significato e quella portata che tutti conosciamo.
La cultura alla quale apparteniamo, come ogni altra cultura, usa tutti i mezzi a sua disposizione per ottenere da maschi e femmine il comportamento più adeguato ai valori che le interessa conservare e trasmettere.
L’obiettivo dell’identificazione di un bambino col sesso cui è stato assegnato si raggiunge molto presto, e non ci sono elementi per dedurre che questo complesso fenomeno abbia radici biologiche.
“Nonostante i fattori ormonali e genetici, l’educazione a considerarsi maschio o femmina è l’elemento determinante dell’identificazione sessuale. I risultati delle ricerche a proposito di ragazzi il cui sviluppo sessuale è manchevole lasciano intendere che l’identificazione con l’uno o con l’altro sesso e l’assunzione di un determinato ruolo sessuale avviene essenzialmente attraverso l’apprendimento”
Carlfred Broderick, La sessualità nell’infanzia e nell’adolescenza, 1972
Il concetto di genere è l’esempio più chiaro degli effetti che la società può esercitare sulla vita individuale delle persone.
Il genere, infatti, definisce il percorso di costruzione sociale delle differenze biologiche, cioè l’insieme dei processi con cui le società trasformano maschi e femmine, e le loro specificità, in identità, ruoli e compiti specifici, differenziandoli anche attraverso l’imposizione e la legittimazione di comportamenti diversi.
Al processo di costruzione sociale del genere partecipano:
• famiglia;
• scuola;
• gruppo dei pari;
• linguaggio;
• mezzi di comunicazione;
• esperienze affettive, lavorative, associative, religiose, politiche.
La costruzione dell’identità di genere comincia appena nati, attraverso l’assegnazione di una precisa categoria sessuale in base all’aspetto degli organi genitali esterni, per cui si indica il neonato come maschio o femmina.
È questo il momento preciso da cui parte il processo di costruzione sociale del genere.
Da questo momento in poi, accanto ai fattori biologici, si aggiungeranno i fattori sociali, ovvero le diverse interazioni tra ambiente di vita e individui a seconda delle loro caratteristiche biologiche.
Bambini e bambine saranno spinti a comportarsi in modo diverso, che questo accada inconsapevolmente o no: alle bambine si chiederà docilità, dolcezza, si darà per scontata la loro predisposizione all’ascolto e al concetto di “prendersi cura degli altri”.
Ai bambini si perdoneranno l’irrequietezza e il piacere del rischio, si chiederanno loro forza, vivacità e coraggio.
Questi atteggiamenti, seppur inconsapevoli, si rispecchieranno nei regali: per bambini giochi di costruzioni o modelli di automobili, aeroplani, carrarmati, pistole, mentre per le bambine bambole, vestiti per le bambole, pupazzi, castelli delle principesse, barbie.
Nella ricerca condotta dallo psichiatra Dario Capone e dalla psicologa Ilaria Di Vecchio nel 2012, La famiglia e l’identità di genere, si indaga l’influenza della famiglia per la costruzione dell’identità di genere.
Nella ricerca si leggono le risposte individuali di 20 giovani di età compresa tra i 19 e i 34 anni a un questionario.
Tra le domande, si legge “In che modo nella tua infanzia hai scoperto di essere un maschio o una femmina?”.
Ecco alcune risposte.
- Credo attraverso la richiesta di mia madre di aiuto in quanto donna come lei.
- Ho scoperto di essere femmina fin da subito. Avendo un fratello maschio era chiara la differenza nel vestirsi. Spesso mia madre cuciva vestiti della stessa stoffa per me e per lei.
- Nell’asilo delle suore, non potevo giocare con i maschi perché mi mettevano in punizione.
- Ho ricordo della scuola elementare, nelle scelte dei giochi.
- Da come mi trattavano i miei genitori e da come mi sentivo diverso da mia sorella.
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Definizione di identità di genere
Ecco la definizione di identità di genere che da Elisabetta Ruspini, professoressa associata di Sociologia presso il Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca:
“la percezione sessuata di sé e del proprio comportamento, acquisita attraverso l’esperienza personale e collettiva, che rende gli individui capaci di relazionarsi agli altri […]. L’identità di genere è il riconoscimento delle implicazioni della propria appartenenza a un sesso in termini di sviluppo di atteggiamenti, comportamenti, desideri più o meno conformi alle aspettative culturali e sociali”
L’identità di genere si esprime attraverso i ruoli di genere: caratteristiche “apprese” nella cultura in cui si vive.
I ruoli di genere sono l’espressione pubblica dell’identità, l’insieme delle caratteristiche che la società ritiene adeguate a maschi e femmine. A lungo la donna è stata definita esclusivamente dal matrimonio e dalla maternità, l’uomo dal lavoro e dalla posizione sociale.
Nell’attuale fase storica in cui viviamo si stanno ridisegnando i processi di costruzione delle identità di genere.
Tra le generazioni più giovani, Millennials – donne e uomini nati tra i primi anni Ottanta e la fine del XX secolo – e Generazione Z, ragazzi e ragazze venuti al mondo a partire dagli anni 2000, i confini tra femminilità e maschilità si sono allentati.
I due gruppi sono stati investiti da profonde tendenze di cambiamento sociale che hanno influenzato, e continuano a influenzare, i processi di costruzione sociale del genere:
• globalizzazione;
• nuove tecnologie dell’informazione;
• emancipazione femminile;
• processi migratori;
• ricorrenti crisi economiche e ambientali;
• pandemia;
In questo contesto sono evidenti prima di tutto i cambiamenti avvenuti nelle donne:
- la crescente partecipazione delle donne alla vita lavorativa e politica;
- il sempre più consistente investimento nell’istruzione;
- la possibilità di decidere in merito all’espressione della propria sessualità e alle scelte riproduttive;
- la crescente convinzione che può essere possibile costruire la propria identità di donna senza sperimentare l’evento maternità oppure da single;
- l’assunzione di responsabilità che prima appartenevano esclusivamente agli uomini.
Sulla spinta dei cambiamenti femminili, anche gli uomini iniziano a prendere coscienza della propria identità di genere: emergono nuovi tipi di maschilità, più egualitari e orientati alla condivisione, che si discostano e si oppongono ai modelli patriarcali.
Cresce il desiderio degli uomini di scoprire i termini e i valori della propria specifica maschilità, un atto che sfida i condizionamenti imposti dal modello di virilità unico e rigido.
Aumenta la disponibilità al dialogo e alla riflessione critica sulla complessità e sulle contraddittorietà dell’identità maschile.
I mutamenti delle identità di genere in atto esercitano un forte impatto sulle famiglie: queste sono sempre più diversificate e sempre meno organizzate intorno al vincolo matrimoniale, alle esperienze di genitorialità, all’eterosessualità.
Aumentano le famiglie di fatto, ricostituite, miste, LGBT, i nuclei con un solo genitore, le coppie LAT (Living Apart and Togheter – si tratta di coppie legate da una relazione che decidono di avere case separate), donne e uomini childfree, cioè che scelgono di non avere figli.
Quante sono le identità di genere
Quante sono le identità di genere? Impossibile dirlo con precisione.
Possiamo però provare a stilare una lista, avendo bene in mente che l’identità di genere può essere diversa dall’identità sessuale assegnata alla nascita.
• Eterosessuale/Cisgender: una persona che è sentimentalmente e sessualmente attratta da persone del genere percepito “opposto”.
• Pansessuale: una persona che è sessualmente e/o sentimentalmente attratta da persone indipendentemente dal loro genere.
• Polisessuale: una persona che è sessualmente e/o sentimentalmente attratta da diversi generi ma non tutti.
• Transgender: persone che hanno la percezione di vivere diverse identità di genere. Ad esempio, i transessuali e quelle che si identificano in una “gamma di generi” e che sentono di vivere al di fuori degli schemi socialmente definiti di “uomo” o “donna”.
• Transessuali: persone che si identificano con il sesso opposto a quello con cui sono state classificate alla nascita. Possono cercare di sottoporsi a vari trattamenti medici, fra cui quello ormonale o chirurgico, per riallineare la conformazione del loro corpo all’identità che sentono dentro di sé.
• Intersessuali: persone che non sono state facilmente classificate come “maschi” o “femmine” basandosi sulle loro caratteristiche fisiche alla nascita o dopo la pubertà.
• Cross-dresser: persone che, per il proprio benessere emotivo e psicologico, indossano abiti che sono solitamente associati al sesso “opposto”.
• Trans: termine generico con il quale si indicano persone che, in vari modi, non sono conformi con l’idea che la società generalmente collega all’identità di uomo o donna.
• LGBTIQ+: Acronimo che indica lesbiche, gay, bisessuali, trans, intersessuali, queer. Il + ha un doppio significato: è un simbolo inclusivo che indica tutti gli orientamenti sessuali e identità di genere non etero e rappresenta inoltre l’inclusività delle persone sieropositive (HIV+).
• Demisessuale: una persona che ha un’attrazione sessuale solo se è presente un’attrazione romantica o comunque un forte legame emotivo.
• Binario/Non-Binario: si riferisce al presupposto che esistono solo due generi: uomo e donna. Una persona non binaria è una persona che non si identifica come un uomo o una donna. Si potrebbe sentire come una persona non allineata con nessuno dei poli uomo/donna, che presenta sia elementi codificati come maschili, sia elementi codificati come femminili; potrebbe riconoscersi in un punto intermedio dello spettro di genere oppure sentirsi come estranea a questa definizione.
• Agender: una persona che non ha un allineamento personale né con il concetto di “uomo” né con quello di “donna”, e quindi non si definisce in termini di genere (a volte chiamato anche di genere neutro o senza genere).
• Androgino: un’espressione di genere che ha elementi sia di mascolinità che di femminilità.
• Aromantic*: persona che non prova attrazione sentimentale verso altre persone.
• Asessuale: una persona che generalmente non è sessualmente attratta da altre persone o sceglie di non svolgere attività sessuali.
• Bear: nella cultura gay si utilizza per indicare uomini gay o bisessuali generalmente dalla corporatura robusta, spesso pelosi, caratterizzati da una espressione di genere mascolina.
Orientamento sessuale e identità di genere
Orientamento sessuale e identità di genere sono la stessa cosa?
Secondo la Società Italiana di Sessuologia ed Educazione Sessuale l’orientamento sessuale è
“l’attrazione emozionale, romantica e sessuale di una persona verso individui dello stesso sesso, di sesso opposto o entrambi”.
L’orientamento sessuale è diverso dall’identità di genere: quest’ultima, come abbiamo detto, ha a che fare con il genere a cui l’individuo si sente di appartenere, ovvero se si identifica come maschio, femmina o altro e con le norme sociali sugli atteggiamenti di uomini e donne in una data epoca, società e cultura.
L’orientamento sessuale è diverso anche dal sesso biologico, cioè il sesso genetico di un individuo determinato biologicamente dai cromosomi sessuali.
Nel passato il processo di costruzione sociale del genere tendeva esclusivamente all’orientamento eterosessuale: la donna attratta dall’uomo e viceversa. Oggi non è più così: le persone possono orientarsi anche all’omosessualità e alla bisessualità.
Nonostante questa lenta (e difficoltosa) apertura, l’identità eterosessuale viene comunque considerata “normale” e per questo incoraggiata dalla cultura dominante, guidando i giovani a plasmare la propria identità sessuale in questa direzione.
Non sorprende quindi che le istituzioni supportino la formazione di questo tipo d’identità.
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L’identità sessuale di ciascuno di noi può cambiare più volte nel corso della vita, non è immutabile e fissa, ma è il risultato di un processo di costruzione che si verifica nel corso di tutta l’esistenza.
L’ostilità nei confronti di individui non eterosessuali deriva essenzialmente dalla falsa credenza che gli individui siano tutti eterosessuali e che l’unico atteggiamento normale sia scegliere un partner del sesso opposto al proprio.
La società sta cambiando, ma è ancora talmente tanto diffidente nei riguardi delle diversità che arriva addirittura a considerarle pericolose, vere e proprie minacce ai valori convenzionali.
Un ultimo dato: è interessante osservare che la stessa parola “omosessuale” include uno stereotipo, cioè la sottintesa inclinazione al sesso maschile.
Infatti, di solito il concetto di omosessuale viene usato con riferimento ai maschi, rendendo questa tendenza preminente negli uomini rispetto alle donne.
E, ora approfondiamo la terminologia e le caratteristiche di alcune identità di genere sopra riportate, così da comprenderne le sfumature, le differenze e lo studio meticoloso per definirci.
Demisessuale
Cosa vuol dire essere demisessuale? È un tipo di sessualità per cui l’individuo è attratto sessualmente solo da persone con le quali ha un forte legame emotivo.
Il prefisso demi significa “metà” e indica come l’attrazione sessuale si trova a metà tra l’asessualità, ovvero la mancanza di attrazione sessuale, e l’allosessualità, cioè la consueta attrazione sessuale.
La demisessualità non ha a che fare con il genere sessuale a cui si può essere attratti, a differenza dell’eterosessualità, dell’omosessualità o della bisessualità; invece è una definizione sulle condizioni in cui si manifesta l’attrazione.
A differenza di un asessuale, il grado di attrazione sessuale può variare in base all’individuo, a patto che esista un legame affettivo concreto. Infatti, in mancanza di legami, non prova alcuna attrazione fisica.
Per riassumere: una persona demisessuale non prova attrazione sessuale – ma può provarne altre, come quella estetica, sensuale o platonica – in assenza di un coinvolgimento emotivo o affettivo.
La Asexual Visibility and Education Network definisce la persona demisessuale come:
“una persona che prova attrazione sessuale solo verso persone con cui ha formato un legame più forte, spesso romantico. I demisessuali solitamente provano attrazione sessuale secondaria, ma non provano attrazione sessuale primaria”.
A causa di ciò, spesso capita che si riconoscano inizialmente come asessuali, ma poi provino attrazione sessuale quando stabiliscono un forte legame affettivo con un’altra persona. Questi sentono attrazione solo nel momento in cui incontrano una persona molto affine a loro e, nel momento in cui si rompe questo legame emozionale, sparisce anche l’attrazione fisica.
Binario/Non Binario
Per spiegare cosa vuol dire essere non binario, prendo in prestito le parole del dottore Loris Patella, psicologo, sessuologo e segretario dell’associazione Live Your Rainbow, un consultorio che offre ascolto, accoglienza ed orientamento a persone LGBT+, ai loro parenti, amici e colleghi.
“Non binary è un termine ombrello (come anche quello di genderqueer) che descrive prettamente situazioni in cui una persona non si riconosce – o non soltanto – nei due poli di genere maschio-femmina (ENBY).
Il termine si riferisce allo spettro dell’identità e dell’espressione di genere, non all’orientamento sessuale.
Pertanto, “Essere non binary” significa potersi sentire una parte di una molteplicità di esperienze che hanno a che fare non unicamente con una dicotomia sessuale.
Dunque, essere genderfluid significa essere una persona non binary, tuttavia e nello specifico, significa essere una persona che esperisce e si identifica talvolta col maschile e talvolta col femminile.
A proposito di termini ombrello, anche transgenderismo è un termine ombrello usato per descrivere tutte le persone la cui identità di genere varia rispetto alle aspettative e alle norme caratteristiche della binarietà maschio-femmina.
Si può tradurre, per una rappresentazione “più immediata”, con “persona tra i generi”.
Pertanto, una persona che si definisce transgender è una persona che non arriva necessariamente ad utilizzare interventi medici di chirurgia per la riassegnazione sessuale, tuttavia si comporta, si abbiglia e si manifesta esteriormente (a livello sociale) come appartenente al sesso opposto (espressione di genere)”.
Il binarismo di genere, o genere binario, è la classificazione di sesso e genere in due forme esclusive di maschile e femminile; fa riferimento, nell’identificazione del genere, alle sole caratteristiche biologiche dell’individuo.
Nel modello binario, “sesso” e “genere” si assumono per impostazione predefinita come allineati; per esempio, un uomo biologico si supporrebbe come mascolino in aspetto, carattere e comportamento.
La classificazione dentro questo binarismo di genere esclude individui che nascono con organi riproduttivi non-binari (intersessuali) e tutti quelli che si identificano come transgender, transessuali, di genere non-binario o terzo genere.
Agender
Tra le innumerevoli identità che costituiscono l’essere umano troviamo l’agender. Essere agender significa non sentire di appartenere né al genere femminile, né a quello maschile, né a un terzo genere.
Non è una condizione sempre stabile e continua: può trasformarsi e sfociare in altre sfumature di genere e identità, come spesso succede.
In lingua inglese, le persone agender utilizzano il pronome they/them.
Esistono poche informazioni su questa specifica identità, con molta probabilità perché prendere consapevolezza del proprio essere diventa complicato, dal momento che è indefinibile.
Molte persone hanno dichiarato di aver preso coscienza della loro identità solo dopo essersi imbattute, più o meno per caso, in questa parola e nella sua definizione, online, decodificando così un sentimento di disagio che non trovava spiegazione.
Stephani, americana, 26 anni, scrive:
«Avevo 22 o 23 anni quando ho visto un post su Tumblr che diceva: “La disforia di genere non sta solo nel sentirsi nel corpo sbagliato. Significa anche odiare alcune parti del proprio corpo, non sopportare quando le persone ti affibbiano un genere, ecc.”. Per anni avevo odiato essere definita “ragazza” e provavo una certa invidia nei confronti dei ragazzi trans. Alla fine del post c’era una lista di definizioni sul genere non binario. Ho cercato e ho trovato un sacco di parole: agender era quella che mi definiva. Ho dato un nome a un sentimento che provavo da tempo».
Androgino
La parola “androgino”, anche se usata spesso come sinonimo di “ermafrodito” o “intersessuale“, non è usata in ambito scientifico e non fa riferimento alle modalità di riproduzione o all’orientamento sessuale:
• un uomo androgino, se è sano e con cromosomi sessuali XY, ha infatti organi genitali maschili e può essere indistintamente eterosessuale, omosessuale, bisessuale o asessuale;
• una donna androgina, se è sana e con cromosomi sessuali XX, ha organi genitali femminili e può essere indistintamente eterosessuale, omosessuale, bisessuale o asessuale;
• Un uomo o una donna androgini, non sono quindi anche ermafroditi, anzi statisticamente è più probabile che un androgino non sia anche ermafrodito.
“Androgino” e “ermafrodito” non sono sinonimi.
È possibile, anche se molto raro, che un androgino sia anche un ermafrodito: ad esempio è possibile che un uomo dall’aspetto androgino (quindi con caratteristiche esterne in parte femminili) sia anche ermafrodito (quindi che abbia sia organi genitali maschili sia femminili).
È possibile anche che una donna dall’aspetto androgino (quindi con caratteristiche esterne in parte maschili) sia anche ermafrodita (quindi che abbia sia organi genitali maschili sia femminili).
Infine, è possibile che un ermafrodito abbia un aspetto estetico androgino.
Con “androginia”, quindi, si indica la combinazione di elementi o caratteristiche maschili e femminili in una stessa persona.
Una persona definita “androgina” ha aspetto fisico e comportamento con caratteristiche proprie sia del sesso maschile sia di quello femminile.
Uomo androgino
Generalmente il termine “androgino” si usa per indicare una persona di genere maschile, spesso molto giovane, che ha caratteristiche tendenti al femminile, come ad esempio l’attore Robert Pattinson, divenuto celebre soprattutto per la saga cinematografica di Twilight.
L’assenza di barba, i lineamenti del viso delicati, la struttura del corpo esile, ha reso l’attore, da giovane, uno dei modelli androgini più famosi al mondo.
Anche Leonardo DiCaprio, ai tempi del film Romeo + Giulietta, era considerato un attore dall’aspetto androgino.
Il termine “androgino” può riferirsi non solo ad un “uomo femminile”, ma anche ad una donna che ha caratteristiche tendenti al maschile, come ad esempio l’attrice Tilda Swinton, premio Oscar per il film Michael Clayton, famosa per aver recitato anche in Il curioso caso di Benjamin Button e ne Le cronache di Narnia.
Aromantic*
Anche l’aromanticismo è una di quelle identità poco conosciute, di cui si parla molto poco.
Una persona aromantica è qualcuno che non sviluppa attrazioni romantiche nei confronti dell’altro, indipendentemente dal genere.
Viene anche identificato con l’abbreviazione “aro”.
Non significa che non provi emozioni, ma semplicemente non desidera legarsi a qualcuno in maniera romantica, in pratica non è interessato a legami affettivi.
Un aromantico ha amicizie più o meno profonde come qualunque altro essere umano.
Anzi, preferisce questo tipo di rapporto con un altro individuo piuttosto che un legame di coppia.
Le ragioni possono essere tante, e una di queste può essere la sensazione di disagio vissuta all’interno di una coppia innamorata.
Ogni anno, c’è una intera settimana dedicata alla consapevolezza dello spettro aromantico, subito dopo San Valentino. È stata istituita per sensibilizzare l’opinione pubblica su questo tema ancora poco conosciuto.
Asessuale
Gli scienziati hanno scoperto che circa l’1% della popolazione è asessuale.
In genere, il termine indica la mancanza di attrazione sessuale o la mancanza di desiderio con attività sessuale associata.
Justin Lehmiller, professore di Psicologia Sociale alla Purdue University ha evidenziato nel suo blog Sex & Psychology 5 aspetti dell’asessualità che la scienza ci insegna.
1. Essere asessuali non è come essere celibi. Sebbene le persone di entrambi i gruppi tendano a evitare l’attività sessuale, sono motivate a farlo per ragioni molto diverse. Mentre le persone asessuali riferiscono di non provare affatto attrazione sessuale, le persone celibi prendono consapevolmente la decisione di non lasciarsi trasportare dall’attrazione per un certo periodo di tempo. Esistono molte ragioni per cui qualcuno che prova attrazione sessuale potrebbe scegliere il celibato (per esempio la religione, condizioni di salute, recupero post dipendenza, ecc.) ma tutti questi fattori non determinano l’asessualità.
2. Asessualità non significa che si abbia una disfunzione sessuale o paura del sesso. In uno studio sono stati mostrati alcuni film erotici a donne asessuali e non asessuali. Durante la visione di questi film, sono stati registrati i livelli di eccitazione genitale dei partecipanti. I partecipanti hanno anche riferito dei loro sentimenti soggettivi di eccitazione sessuale e del loro stato emotivo. I risultati non hanno rivelato differenze nell’eccitazione psicologica o genitale tra i gruppi, il che indica che essere asessuali non significa necessariamente che non si risponde agli stimoli erotici o che i genitali non sono funzionali. Inoltre, mentre le donne sessuali hanno mostrato un aumento dell’interesse sessuale mentre guardavano questi film, le donne asessuali non hanno sperimentato cambiamenti (positivi o negativi) nel loro stato emotivo, indicando che l’asessualità non è un’avversione per il sesso.
3. Essere asessuali non significa necessariamente che si sia sessualmente inesperti e/o single. La ricerca ha scoperto che molte persone che segnalano una mancanza di attrazione sessuale sono coinvolte in relazioni e che alcune di loro hanno persino rapporti sessuali. È importante tenere presente che la mancanza di attrazione sessuale non è la stessa cosa della mancanza di attrazione romantica: gli asessuali spesso desiderano avere relazioni romantiche. E, se associati a qualcuno che è sessuale, gli asessuali possono essere sessualmente attivi o perché vogliono compiacere il loro partner o, potenzialmente, perché provano un senso di obbligo. Detto questo, è anche possibile che le persone asessuali siano aromantiche, cioé che non desiderino neanche relazioni sentimentali.
4. Gli studi hanno scoperto che molte persone asessuali si masturbano e alcune hanno anche fantasie sessuali. Rispetto alle persone sessuali, tuttavia, gli asessuali hanno meno probabilità di impegnarsi in entrambe le attività. La masturbazione è spesso un’esperienza molto diversa anche per molti asessuali, in quanto si tratta a volte di un’attività “non diretta” (cioè, non stanno necessariamente pensando a una specifica immagine erotica mentre sta accadendo).
5. Molti scienziati ritengono che l’asessualità debba essere considerata un orientamento sessuale distinto. A supporto di questa idea, la ricerca ha scoperto che alcuni degli stessi fattori biologici correlati all’omosessualità sono anche correlati all’asessualità. Ciò suggerisce che potrebbero esserci una serie complessa di fattori biologici che contribuiscono alla formazione di un orientamento asessuato.
Bear
La Comunità Bear o ursina è una cultura basata sull’orientamento sessuale, sia esso omosessuale o bisessuale, subcultura della comunità gay, che si è sviluppata in maniera trasversale a tutte le nazioni e a tutte le estrazioni sociali.
Nella terminologia gay, per orsi si intendono uomini dalla corporatura robusta, spesso pelosi, oppure semplicemente sovrappeso, in genere dall’aspetto mascolino.
A differenza degli Stati Uniti, dove si usano definizioni diverse per bear (orso) e chubby (cicciotto), in Italia ci si riferisce ad entrambi con il termine orso.
Per cacciatore invece si intende semplicemente una persona gay attratta dagli orsi.
L’identità Bear, tuttavia, è diventata nel tempo sempre più inclusiva e invece che determinate caratteristiche fisiche, una delle costanti è la rielaborazione, o a volte il rifiuto, di elementi e di stereotipi dell’immaginario gay maggioritario.
Negli anni la subcultura ursina ha sviluppato un gergo particolare, come Orso, uomo dalla corporatura robusta, dall’aspetto mascolino, spesso peloso o con barba o baffi, o ancora un uomo corpulento, sovrappeso ma, anche Cub, giovane (o dall’aspetto giovanile), tipicamente, ma non sempre, meno corpulento di un orso. E tanti altri ancora.
Tu, ti riconosci in queste identità? Ne conoscevi la profondità? Un mondo da scoprire!