Cos’è la biodiversità e perché è importante

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La parola “biodiversità” deriva dal greco bios che significa vita, e dal latino diversitas che significa differenza, diversità.

La biodiversità, o diversità biologica, è infatti la ricchezza della vita sulla terra, e comprende tutto ciò che esiste e non è stato creato o modificato dall’uomo (per esempio attraverso la biotecnologia): quindi esseri umani, animali, vegetali, ma anche microorganismi e materiale genetico.

Alcuni ambienti sono particolarmente ricchi di biodiversità: le barriere coralline, le foreste tropicali e gli estuari dei fiumi ospitano circa la metà degli essere viventi del nostro pianeta, anche se ricoprono solo il 6% della superficie terrestre.

In questo articolo scopriremo insieme:

  • cosa si intende per biodiversità e quali tipi di biodiversità possiamo distinguere;
  • perché è importante preservarla;
  • qual è la situazione del nostro Paese per quanto riguarda la diversità biologica.

Cos’è la biodiversità?

Nel giugno 1992 le Nazioni Unite hanno varato a Rio de Janeiro la prima “Convenzione sulla diversità biologica”, con tre obiettivi molto ambiziosi:

  • favorire la conservazione della biodiversità;
  • promuovere un uso sostenibile delle sue componenti;
  • garantire una ripartizione equa dei vantaggi che derivano da questo uso.

Secondo la Convenzione, per biodiversità si intende “la variabilità degli organismi viventi di ogni origine, compresi inter alia gli ecosistemi terrestri, marini ed altri ecosistemi acquatici, ed i complessi ecologici di cui fanno parte; ciò include la diversità nell’ambito delle specie, e tra le specie dell’ecosistema.”

Se ne distinguono tre livelli:

  • biodiversità genetica, che considera la differenza dei geni all’interno di una determinata specie;
  • la biodiversità di specie fa invece riferimento alla ricchezza di specie presenti in una determinata area, alla loro abbondanza o rarità nel territorio;
  • come biodiversità di ecosistema si considerano gli habitat esistenti sulla terra e agli ecosistemi che si sviluppano al loro interno, rendendo possibile la vita e l’evoluzione delle specie.

Secondo il WWF, fino a oggi sono state scoperte e descritte oltre 1 milione e 700 mila specie viventi, ma in realtà si stima che ne esistano oltre 12 milioni.
Tra le specie note quelle animali sono circa 1.318.000, di cui 1.265.000 invertebrati e 52.500 vertebrati (2.500 pesci, 9.800 uccelli, 8.000 rettili, 4960 anfibi, 4.640 mammiferi). Sono inoltre conosciute 10.000 specie di batteri, 72.000 specie di funghi, 50.000 specie di protisti (organismi unicellulari) e 270.000 specie di piante.

L’Indice del Pianeta Vivente (Living Planet Index, un indicatore dello stato della biodiversità globale elaborato dal WWF e dalla Zoological Society of London per segnalare lo stato di salute della biodiversità terrestre) ha evidenziato un declino globale del 60% nella dimensione delle popolazioni di vertebrati tra il 1970 e il 2014: significa un crollo di più della metà delle specie, in meno di 50 anni.

Il concetto ecologico di biodiversità è stato adattato anche ad altri ambiti più o meno direttamente connessi con l’ecologia: si parla quindi anche di biodiversità animale, biodiversità agricola e biodiversità alimentare.

Biodiversità animale

Con il termine biodiversità animale si intende abitualmente la varietà delle specie animali addomesticate per interesse alimentare.
Appena una quarantina, tra le circa 50.000 specie animali selvatiche conosciute, sono state addomesticate nel corso della storia umana: tra queste, le specie mammifere sono meno di 20.

Bovini, ovini, avicoli, caprini e suini sono distribuiti oggi su larga scala e in quantità elevate in tutto il mondo. Altre specie, come cavalli, asini, dromedari, cammelli, lama, alpaca, renne, bufali d’acqua, yak, banteng, mithun, sono importanti solo in alcune parti del nostro pianeta.

I numeri sono ancora più bassi nel caso degli uccelli: soltanto 9 specie (escludendo gli uccelli ornamentali o quelli usati per giochi o combattimenti) su oltre diecimila sono state domesticate: si tratta di polli, anatre, anatre mute, oche, faraone, struzzi, piccioni, quaglie e tacchini.

Queste le specie più allevate al mondo:

  • I bovini, con 1,3 miliardi di esemplari: in pratica, uno ogni 5 persone. Il 32% è allevato in Asia e il 28% in America Latina (il Brasile è il paese con il numero più alto di bovini al mondo).
  • Le pecore, circa 1 miliardo: una ogni 6 persone. Il 40% è allevato in Asia: soprattutto in Cina, in India e in Iran.
  • Le capre, con circa 800 milioni di capi: uno ogni 8 persone. Il 70% si trova in Asia, in particolare in Cina, India e Pakistan.
  • I suini sono circa 970 milioni: uno ogni 7 persone. I due terzi sono in Asia; soprattutto in Cina, ma anche in Vietnam, India e Filippine.
  • I più diffusi sono i polli: se ne allevano 2,5 esemplari per ogni persona, per un totale di 17 miliardi. I due terzi sono in Asia: Cina soprattutto, ma anche Vietnam, India e Filippine.

Oggi le razze animali di interesse alimentare (per carne e latte) sono circa 7.600. Secondo la FAO (Food and Agricolture Organization, l’agenzia delle Nazioni Unite che combatte la fame) il 20% di queste è a rischio di estinzione – e il dato è probabilmente sottostimato.
La responsabilità più grande è da attribuire alla rapida diffusione, nel XX secolo, di forme di allevamento intensivo su larga scala, ovunque nel mondo. La produzione industriale di carne, latte e uova si basa su un numero limitato di razze ad alto rendimento e adatte all’allevamento di tipo intensivo.

Biodiversità agricola

L’agrobiodiversità comprende tutte le componenti della biodiversità che sono rilevanti per l’agricoltura, cioè la varietà degli animali, delle piante e dei microrganismi necessaria a sostenere le funzioni chiave degli ecosistemi agricoli, la loro struttura e i loro processi.

La FAO include nella sua definizione anche una dimensione socio-economica e culturale, considerando le conoscenze tradizionali come parte integrante della biodiversità agricola: popolazioni che appartengono a culture diverse, infatti, utilizzano le risorse ambientali in modi diversi.

Anche in questo caso, nel XX secolo la spinta per un aumento della produzione agricola e dei profitti ha orientato la scelta su un numero limitato di varietà di piante e di razze animali ad alto rendimento. La maggior parte degli agricoltori si sono concentrati su un’unica coltura da reddito (monocultura), contribuendo a ridurre sensibilmente la biodiversità agricola nel mondo.

Con l’agricoltura tradizionale, i contadini tendevano a coltivare molte piante diverse. Con l’avvento della monocoltura, le pratiche agricole tradizionali sono state in gran parte abbandonate, e un gran numero di varietà sono scomparse.

Biodiversità alimentare

Strettamente connessa alla biodiversità animale e agricola, la biodiversità alimentare comprende la varietà delle risorse biologiche a cui il genere umano può attingere per reperire quanto necessario all’alimentazione.

I nutrizionisti sono concordi nel considerare la varietà della dieta come un elemento fondamentale per la nostra salute. Di fatto, però, il 60% delle nostre calorie deriva da appena tre specie vegetali, le “regine della monocultura”: frumento, riso e granturco.

È grazie alla biodiversità alimentare che possiamo godere della grande varietà della cucina italiana: ancora oggi ogni località ha la sua tradizione alimentare e prova anche a procurarsi quanto necessario per conservarla, grazie a piccoli agricoltori che coltivano le materie prime agricole, anche solo per l’autoconsumo delle loro famiglie.

Biodiversità: perché è importante preservarla?

La diversità biologica migliora la produttività degli ecosistemi, che si tratti di terreno agricolo, di una foresta, o di un ambiente marino o lacustre, e così via. Secondo l’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), la perdita di biodiversità “contribuisce all’insicurezza alimentare ed energetica, aumenta la vulnerabilità ai disastri naturali, come inondazioni o tempeste tropicali, diminuisce il livello della salute all’interno della società, riduce la disponibilità e la qualità delle risorse idriche e impoverisce le tradizioni culturali”.

Ogni specie, infatti, ha un ruolo ben definito all’interno del proprio ecosistema, e grazie a questo ruolo contribuisce a mantenerlo in equilibrio: la sua diminuzione ha un impatto per la stabilità dell’habitat.
Un ecosistema in buona salute, tra le altre cose, sopporta meglio una malattia o una perturbazione, e reagisce con più efficacia ai cambiamenti.

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La biodiversità è importante anche perché ci fornisce beni, risorse e servizi: i cosiddetti servizi ecosistemici, di cui beneficiano, direttamente o indirettamente, tutte le comunità umane, animali e vegetali.

La biodiversità nelle piante coltivate e selvatiche, per esempio, costituisce la base dell’agricoltura e rende possibile la produzione di cibo, contribuendo all’alimentazione e alla salute di tutta la popolazione mondiale. Se non ci fossero gli impollinatori (api, vespe, mosche, farfalle, ma lo sono anche i pipistrelli e gli uccelli), più di un terzo degli alimenti di cui ci nutriamo (frutti, vegetali, semi) verrebbe a mancare.

Le api, che in questi ultimi anni stanno diminuendo drasticamente a causa dell’inquinamento (compreso quello elettromagnetico), sono essenziali per la vita e la riproduzione di oltre 130.000 piante.

La biodiversità consente anche di ottenere nuove varietà vegetali da coltivare o animali da allevare, in grado di adattarsi a condizioni climatiche e ambientali che cambiano.

La perdita di diversità biologica, o il suo impoverimento, ha pesanti ripercussioni a livello sociale ed economico, riducendo la disponibilità di risorse alimentari, energetiche e anche medicinali.

Qual è la situazione in Italia

L’Italia è uno dei Paesi del continente europeo più ricchi di biodiversità: il nostro territorio ospita circa la metà delle specie vegetali e circa un terzo di tutte le specie animali attualmente presenti in Europa.
Alcune famiglie di invertebrati sono presenti in misura doppia o tripla rispetto ad altri Paesi europei. Questa ricchezza è favorita dalla collocazione geografica: la biodiversità, infatti, tende a diminuire all’aumentare della latitudine, cioè spostandosi dall’equatore verso i poli terrestri.

Alcuni numeri della biodiversità in Italia, secondo l’ISPRA:

  • Si stima che nel nostro Paese ci siano 58.000 specie animali, con la presenza di molte specie endemiche (cioè originarie del territorio).
  • La fauna terrestre conta circa 42.000 specie note, il 10% delle quali sono endemiche.
  • Le specie che hanno il loro habitat in acqua dolce sono quasi il 10% dell’intera fauna italiana, cioè circa 5.500.
  • Nel nostro Paese ci sono oltre 9.000 specie di fauna marina, che rappresentano la maggior parte delle specie presenti nel Mar Mediterraneo.
  • Per quanto riguarda la biodiversità vegetale, la nostra flora vascolare (cioè la vegetazione dotata di radici, fusto e foglie che consentono la circolazione della linfa) comprende quasi 7.000 specie, il 16% delle quali endemiche.
  • L’Italia è ricca di foreste: coprono in tutto circa un terzo del territorio nazionale. Il Corpo Forestale dello Stato ha censito nel 2005 ben 8.760.000 ettari di foreste, cui si aggiungono 1.710.000 ettari di formazioni forestali rade o basse, e le formazioni arbustive e cespugliate.

Normative a tutela della biodiversità

Il nostro Paese ha adottato delle regole a tutela della diversità biologica, anche sulla spinta delle normative internazionali:

  • Convenzione ONU sulla biodiversità, siglata a Rio de Janeiro il 5 giugno 1992 e resa esecutiva dalla legge 124 del 14 febbraio 1994;
  • Trattato internazionale sulle risorse fitogenetiche per l’alimentazione e l’agricoltura, adottato a Roma il 3 novembre 2001, e reso esecutivo dalla legge n. 101 del 6 aprile 2004;
  • Piano nazionale sulla biodiversità di interesse agricolo e Linee guida nazionali per la conservazione della biodiversità vegetale, animale e microbica di interesse agrario, di cui al decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali del 6 luglio 2012, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 171 del 24 luglio 2012;
  • Legge n. 194 del 1 dicembre 2015 (Disposizioni per la tutela e la valorizzazione della biodiversità di interesse agricolo e alimentare), che “stabilisce i principi per l’istituzione di un sistema  nazionale  di tutela e di valorizzazione della biodiversità di interesse  agricolo e alimentare, finalizzato alla  tutela  delle  risorse  genetiche  di interesse alimentare ed agrario locali dal rischio di estinzione e di erosione genetica”.

Un patrimonio in pericolo

A dispetto delle regole, però, la ricchezza di biodiversità in Italia è in pericolo.

Buona parte del nostro territorio, come quello di tutti i Paesi industrializzati, è usato in modo intensivo. Questo causa il degrado e la frammentazione di molti habitat, come le dune e i fiumi, che perdono la loro capacità di fornire i necessari servizi ecosistemici.

Il consumo di suolo per nuovi insediamenti abitativi, industriali o commerciali continua a mettere sotto pressione la biodiversità nazionale. Circa il 15% di tutte le specie vegetali superiori rischia l’estinzione. Ancora più minacciate sono le piante inferiori come alghe, felci, licheni e muschi: il 40% è in pericolo.

Per quanto riguarda le specie animali: la metà dei vertebrati è minacciata d’estinzione, così come circa un quarto degli uccelli. Va ancora peggio agli anfibi: due specie su tre rischiano di scomparire.

Una citazione comunemente (e arbitrariamente) attribuita ad Albert Einstein recita più o meno “Se le api scomparissero dalla terra, agli esseri umani non resterebbero che pochi anni di vita”.
Anche se le api non sono gli unici impollinatori nel nostro pianeta, è vero che la scomparsa di una singola specie può avere ripercussioni ben più vaste e drammatiche.
Nel nostro Paese, perciò, come nel resto del mondo, è indispensabile e urgente rendere concreto l’impegno a tutela della biodiversità: ne va della vita stessa.