Cambiare l’acqua ai fiori di Valérie Perrin: recensione

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Cambiare l’acqua ai fiori” è un libro così intimo che scriverne la recensione comporta raccoglimento e cura straordinari: nulla è come appare a prima vista. Il libro racconta di Violette Toussaint e delle difficoltà che la vita le ha riservato, ma anche di gratitudine, accettazione e vulnerabilità.

Una delicatissima introduzione a “Cambiare l’acqua ai fiori” è quella della copertina dell’edizione italiana (Edizioni EO): gli accostamenti cromatici e gli elementi della grafica ci danno piccoli indizi su quello che troveremo all’interno del libro. Il rosa del titolo e dei fiori dell’acconciatura di una donna, rivolta verso le lapidi di un cimitero, risaltano sui restanti toni seppia. “Cambiare l’acqua ai fiori” affronta i temi spinosi di amore e morte, con tocco leggero e sensibile.

Non c’è un indice dei capitoli: ognuno di essi inizia con un epitaffio poetico. Come nella vita, il lettore si trova ad accogliere con sorpresa e anche con un po’ di apprensione e trepidazione quello che verrà.

Trama “Cambiare l’acqua ai fiori” di Valérie Perrin

Violette è guardiana di cimitero in un paesino della Borgogna. Fin dalle prime pagine del romanzo ci parla della sua solitudine e della consuetudine all’abbandono che ha più volte subito: prima da parte dei suoi genitori, appena nata, e poi dal marito, sposato quando era ancora giovanissima. Le sue parole sono semplici e dirette, come quelle di un bambino: rispecchiano la sua vita.

Affronta un’esistenza senza sconti: ha sempre dovuto lavorare per mantenersi, con sacrifici e fatica. Nel suo lavoro non si limita ad aprire e chiudere il cancello del cimitero o a pulire le lapidi: conforta e ascolta i familiari dei defunti, omaggia di fiori le tombe trascurate, e appunta in un registro i dettagli delle cerimonie funebri.

“Se uno facesse solo quel che rientra nei propri incarichi la vita sarebbe triste”, afferma.

Una mattina bussa alla porta della sua casa nel campo santo un commissario di Marsiglia, che le fa qualche domanda a proposito di una persona sepolta lì. Non si tratta di un’indagine poliziesca, ma di una questione di famiglia: la madre dell’uomo, la defunta Irène, ha chiesto di essere sepolta accanto a uno sconosciuto, l’avvocato Gabriel Prudent.

In “Cambiare l’acqua ai fiori” di Valérie Perrin nulla è come appare in superficie. Il nome di Violette non le è stato dato in virtù del fiore profumato, ma per il colore della sua pelle alla nascita. Da adulta Violette “indossa l’inverno sopra l’estate”: gli abiti leggeri e colorati che porta sulla pelle sono sempre coperti da un secondo strato di vestiti seri e scuri. Allo stesso modo, dai ricordi di Violette, dal diario di Irène e dalle narrazioni degli altri personaggi, tra cui quella del marito Philippe Toussaint affiorano vissuti e segreti, che compongono un’immagine più ampia, impossibile da riconoscere a un primo sguardo.

Con la visita del commissario, il romanzo cambia passo e il lettore viene risucchiato in un ritmo incalzante dai toni seppia, noir e rosa, proprio come la copertina. Amore e morte, vita e odio s’intrecciano, Violette e Irène affrontano le loro esistenze con umanità, insegnandoci a coltivare il bene.

“L’edera soffoca gli alberi, Violette, non dimenticare mai di tagliarla, mai. Appena i pensieri ti portano verso le tenebre prendi la cesoia e taglia via la tristezza”.

La nostra recensione

Solitamente cerco nei libri un’evasione dalla realtà. Non amo piangere o mostrare il fianco scoperto: per questi motivi ho tentennato prima di cominciare a leggere “Cambiare l’acqua ai fiori”. Una volta iniziato però, l’ho letto d’un fiato.

Certamente, la scrittura di Valérie Perrin è tanto poetica quanto incisiva e coinvolgente. La trama del libro è così ben strutturata che niente è fuori luogo e tutti i personaggi accrescono nel lettore il senso d’intimità con Violette.

L’autrice, di professione fotografa, è originaria di Remiremont, un piccolo paese nel Nord Est della Francia. Nel 2006 conosce il famoso regista, sceneggiatore e produttore cinematografico Claude Lelouch. La lettera d’ammirazione che la Perrin scrive a Lelouch suscita in lui curiosità e interesse, tanto che le chiede di incontrarlo. I due s’innamorano e danno inizio a una collaborazione artistica di ampio respiro. Scrivono insieme sceneggiature e Valérie inizia a calcare i set cinematografici.

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Gli insegnamenti di questo libro sono immensi, ci aiutano ad essere più profondi e saperci stupire delle piccole cose tanto quanto le grandi emozioni

“Cambiare l’acqua ai fiori” è il suo secondo romanzo, uscito nel 2018 a tre anni dal primo, “Il quaderno dell’amore perduto”. La sua sensibilità artistica e il suo occhio attento riescono a catturare fuggevoli immagini quotidiane e a dipingere istantanee di emozioni evanescenti. Con questo secondo libro la Perrin ottiene una grande risonanza e raggiunge la fama di scrittrice internazionale. A distanza di altri tre anni da “Cambiare l’acqua ai fiori”, nel 2021, è uscito “Tre”.

“Cambiare l’acqua ai fiori” è narrato in prima persona: questo rafforza il coinvolgimento nella profondità del racconto. Condividendone contenuto e recensione sembra quasi di violare la segretezza delle confidenze ricevute da una cara amica. Non farlo però sarebbe una mancanza, perché questo romanzo è sorgente di molteplici ispirazioni.

A me rimangono tre grandi lezioni:

  1. Non bisogna fermarsi alle apparenze. Se si vuole davvero capire le persone o gli eventi, bisogna guardarli da tante prospettive, con occhi diversi, senza fermarsi “all’abito invernale”. Sotto si può scoprire l’estate. I preconcetti e i pregiudizi sugli altri ci limitano. Ascoltando le parole del loro dialogo interiore, come avviene in “Cambiare l’acqua ai fiori”, ne conosciamo le esperienze e i sentimenti. In questo modo, possiamo forse capire meglio le diversità.
  2. Il pianto e il dolore possono trasformarsi in rivelazioni. Attraverso questo romanzo sperimentiamo una rilettura delle esperienze dolorose. Ci viene così il dubbio di poter scegliere la felicità, abbracciando con fiducia le sfide che la vita ci propone. La vulnerabilità di Violette è la sua forza: accetta le sue debolezze per poi lasciarle andare, vivendo così con maggiore consapevolezza.
  3. Si può imparare a gioire delle piccole cose. Nel cambiare l’acqua ai fiori Violette si prende cura dei defunti, ne onora la memoria in un presente che riconosce l’importanza del passato, ma non lo rincorre più. Sono i piccoli gesti quotidiani quelli a cui dobbiamo prestare attenzione.

Nel leggere questo romanzo ho pianto, è vero, ma ho ritrovato anche la leggerezza che cerco sempre nei libri. Si tratta di un’emozione che si può provare solo immergendosi completamente in una storia così autentica che sembra la propria. La sofferenza e le passioni di questi personaggi parlano dei moti di ognuno di noi. E quando si vivono negli altri e con gli altri sembrano più riconoscibili e più facili da sopportare.

Una lettura di storie altrui che ispiri al miglioramento personale è l’idea alla base di Racconti di Donne, un progetto che è maturato proprio attraverso le emozioni suscitate dal libro di Valérie Perrin. Qui potrete trovare altre narrazioni!

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