Il racconto dell’ancella di Margaret Atwood: recensione

“Il racconto dell’ancella” di Margaret Atwood è un romanzo distopico del 1985. L’autrice immagina una società totalitaria basata sul controllo e sullo sfruttamento del corpo femminile. Il romanzo è ambientato in un futuro vicino, negli Stati Uniti ormai contaminati da scorie e radiazioni nucleari. Dal libro è stata tratta l’omonima serie TV di grande successo, con Elisabeth Moss e Joseph Fiennes.

Margaret Atwood è nata in Canada nel 1939. Ha esordito come scrittrice nel 1969 con “La donna da mangiare” e da allora non si è mai fermata: il suo ultimo romanzo, “I testamenti” (2019), è l’atteso sequel de “Il racconto dell’ancella”.

La Atwood è considerata una delle più grandi scrittrici contemporanee: poliedrica e pluripremiata, ha al suo attivo poesie, romanzi, racconti, libri per bambini e sceneggiati tv. Il mondo femminile è al centro di molte delle sue opere, ma non ama definirsi una femminista: non vuole essere etichettata da un termine generico che può venir travisato per una battaglia contro gli uomini. Preferisce abbracciare l’umanesimo: crede infatti in uguali diritti per tutti.

Ne “Il racconto dell’ancella” descrive una società in cui ogni diritto è vietato e la parola libertà assume un significato distorto.

Esiste più di un genere di libertà, diceva Zia Lydia. La libertà di e la libertà da. Nei tempi dell’anarchia, c’era la libertà di. Adesso vi viene data la libertà da. Non sottovalutatelo.

Trama “Il racconto dell’ancella” di Margaret Atwood

Offred è la voce che narra: è l’Ancella di cui leggiamo le trascrizioni di pensieri e ricordi. Non ha un nome, le è stato cancellato, così come anche tutta la sua vita precedente: da quando è stata proclamata la Repubblica di Gilead lei è diventata proprietà del Capitano di turno (quando la conosciamo è per l’appunto “Di Fred”). Non ha più un lavoro, un marito, una figlia. Ora, quello che conta è il fatto che il suo corpo possa dare una discendenza al Capitano: Offred è una delle poche donne ancora in grado di procreare. Non deve e non può fare altro.

Nell’instaurata teocrazia, ognuno ha un proprio ruolo ben definito. Uomini e donne sono spogliati da ogni desiderio e facoltà. Oltre alle Ancelle, una famiglia è provvista di Marte, che si devono occupare delle faccende domestiche. Le Mogli, consorti ormai sterili dei Capitani, sono quelle che comandano in casa. Poi ci sono le Zie, gli Ufficiali, i Custodi e gli Occhi: tutti contribuiscono in qualche modo a strutturare la nuova società. In questo scenario nessuno è libero di fare ciò che vuole. Rispettando le regole e l’ordine stabilito, tutti dovrebbero essere liberi da torti, passioni o impulsi.

“Il racconto dell’ancella” ci conduce dentro l’opprimente quotidianità di Offred e, attraverso suoi ricordi e fantasie, apre una finestra sulla società precedente a Gilead. Sorprende accorgersi che il passato in cui è cresciuta la protagonista potrebbe essere il nostro presente. Poi, tutto è mutato all’improvviso, senza che ci fosse il tempo di accorgersene.

Era così che si viveva allora? Vivevamo di abitudini. Come tutti, la più parte del tempo. Qualsiasi cosa accada rientra sempre nelle abitudini. Anche questo, ora, è un vivere di abitudini. Vivevamo, come al solito, ignorando. Ignorare non è come non sapere, ti ci devi mettere di buona volontà.

La nostra recensione

“Il racconto dell’ancella” è un romanzo attualissimo, soprattutto se pensiamo che è stato scritto nel lontano 1985. Gli spunti di riflessione che offre sono innumerevoli: la centralità del corpo della donna, l’importanza del linguaggio e delle definizioni, la fragile mutevolezza di ogni realtà e il pericolo insito in ogni forma di assoluto.

Ero solita pensare al mio corpo come a un veicolo di piacere, o a un mezzo per spostarmi da un luogo all’altro o uno strumento per compiere la mia volontà. Potevo usarlo per correre, premere pulsanti di qualsiasi tipo per far sì che succedesse quello che mi era necessario. C’erano limiti, ma il corpo era, ciò nondimeno, agile, leale, solido, tutt’uno con me. Adesso la carne si dispone in modo diverso. Sono una nube congelata attorno a un oggetto centrale, in forma di pera, duro e reale più di me stessa e che riluce di rosso entro il suo diafano involucro.

Le parole della Atwood sembrano un presagio al recente rovesciamento della storica sentenza del 1973 Roe v. Wade che aveva affermato il diritto costituzionale all’aborto negli Stati Uniti. E ci lasciano l’amaro dubbio che altri presagi si nascondano tra le sue pagine.

“Il racconto dell’ancella” è un testo impegnativo: durante la lettura, ho partecipato intensamente alla lentezza opprimente dello scorrere del tempo, alla malinconia del passato, al rimpianto di non aver apprezzato ciò che si aveva prima di perderlo, e al rimprovero di aver ignorato i deboli segnali di ciò che sarebbe accaduto.

Con il suo stile sobrio e diretto, Margaret Atwood ci dice che nessuna verità è unica ed eterna. Ci mostra come l’ipocrisia sia alimentata dalle costrizioni, in particolare in chi le impone. La sua ironia disincantata non lascia alibi né false speranze: ignorare comporta delle responsabilità, se non agisci la colpa è anche tua.

Ho trovato molto interessante come l’autrice abbia disseminato l’intero libro del tema della “sorellanza”. C’è un filo rosso del ricordo dell’amicizia che lega la protagonista e Moira, dove complicità, spensieratezza e totale partecipazione alle sorti l’una dell’altra sono in netto contrasto con il sospetto, le invidie e gli asti che la teocrazia di Gilead alimenta. Qui, al contrario, nessuna figura femminile è mai alleata, ma sempre guardinga, subdola e opportunista. In particolare, le Zie sono personaggi emblematici: parti attive nella costruzione della nuova società, hanno cieca fiducia nei futuri “legami di vero affetto” tra le donne, come proclama Zia Lydia. Questa visione accresce ironicamente foga e spietatezza.

Le vostre figlie avranno una maggiore libertà. Stiamo operando allo scopo di dare un piccolo giardino a ognuna di voi… Agitava il dito ammonitore: ma non possiamo essere come maiali avidi ed esigere troppo prima del tempo, non è vero?

Penso che la lettura de “Il racconto dell’Ancella” rafforzi l’importanza del progetto di LeRosa: la mission del gruppo è infatti quella di creare benessere per sé stesse e per gli altri, attraverso un’alleanza sincera. Se volete saperne di più sui valori di LeRosa, oltre al sito e al gruppo facebook, potete ascoltare il podcast “Le Alleate”, che racconta di storie di donne della community.

Infine, se questa recensione vi ha stuzzicato, vi consiglio di leggere anche quella de “I racconti delle donne” di Annalena Benini, antologia dove, tra gli altri, è inserito un racconto di Margaret Atwood.

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